
Dal turismo alle energie rinnovabili, dal terziario avanzato alla sanità, ecco quali sono i settori e le professioni con maggiori prospettive di crescita e fabbisogno occupazionale.
Nell’incertezza generale, contano i dati
Fare previsioni non è semplice, in uno scenario globale che cambia a ritmi veloci e spesso imprevedibili, sia dal punto di vista macro-economico sia dal punto di vista del progresso tecnologico. I dati per analizzare a fondo la situazione, però, non mancano. E, con questi, gli strumenti per prendere decisioni e agire di conseguenza – sul fronte delle scelte professionali tout court ma anche su quello della formazione continua o, prima ancora, dell’orientamento scolastico.
Secondo il Sistema Informativo Excelsior (realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che dal 1997 mette ai raggi X il mercato del lavoro in Italia considerando i dati sul PIL e le valutazioni delle principali istituzioni di riferimento), nel prossimo trienno l’Italia avrà bisogno di almeno 3 milioni di nuovi occupati. Vediamo in quali settori.
Commercio e turismo al primo posto
Al primo posto del podio, il settore in cui si prevede il fabbisogno occupazionale maggiore è quello del commercio e turismo, a cui corrisponde il 18% del fabbisogno complessivo, pari un numero di unità comprese tra 620mila e 713mila.
Al secondo posto troviamo il comparto altri servizi pubblici e privati, che comprendono la pubblica amministrazione e il terziario a supporto delle imprese e delle persone fisiche, con un fabbisogno di oltre 530mila unità.
Al terzo posto il settore salute (431-456mila unità), al quale fanno seguito finanza e consulenza (378-454mila unità) e infine formazione e cultura (397-445mila unità).
La centralità delle competenze digitali
Se questi sono i settori in cui la necessità di nuova forza lavoro sarà più elevata, quali saranno le competenze più richieste? Nonostante la diversità di ruoli e mansioni, le competenze digitali spiccano come una sorta di pass-partout.
L’uso di Internet e in generale dei mezzi digitali, dagli strumenti di comunicazione visiva e multimediale alle app, rientrano ormai nel bagaglio di skill di base richieste alla maggior parte dei lavoratori (circa il 59% del fabbisogno totale).
Il grado di specializzazione varia ovviamente a seconda dell’ambito e del ruolo, con una forbice che va dal 22%, relativo a operai e professioni non qualificate, fino all’85% per le professioni specialistiche e tecniche, mentre in ambito impiegatizio arriva comunque al 57%.
In particolare, ciò che si cercherà sempre di più sono i profili caratterizzati da un mix di competenze digitali: quelle di base ma anche la capacità di usare linguaggi informatici, dalla programmazione alla lettura e interpretazione di big data, nonché la capacità di gestire soluzioni innovative. Il che si traduce in una domanda crescente di professioni altamente specializzate, come programmatori IT, ingegneri informatici, gestori di reti e sistemi.
In questo contesto, acquisirà altrettanta importanza il ruolo delle figure che servono a supportare la trasformazione digitale, sia nelle aziende che nelle pubbliche amministrazioni. Da cui la richiesta di ingegneri gestionali, project manager specializzati in riorganizzazione dei modelli di business e dei flussi di lavoro.
IA: fattore di rischio o di opportunità?
Se si guarda dentro le imprese italiane, l’IA non è ancora una realtà così diffusa. Oggi l’89% delle aziende dichiara di non adoperarla e, in quasi sette casi su dieci, il freno è la mancanza di competenze interne su come integrarla nei processi.
Secondo l’Istat, ad aver implementato soluzioni di IA è l’8,2% delle grandi imprese, contro il 13,5% della media UE.
La soglia di non‐utilizzo è in ogni caso, e indubitabilmente, destinata a ridursi – già l’11,5% di chi oggi è a digiuno prevede investimenti in IA nei prossimi quattro anni – in un percorso che procederà però a velocità diverse.
L’adozione è maggiore nel comparto dei servizi (12,1%) anziché nell’industria (8,5%), con punte superiori al 30% nell’ICT, al 20% nel terziario avanzato e al 17% nel settore media-comunicazione. Le applicazioni principali riguardano gestione economico-finanziaria (44%), e-commerce (35%) e customer care (20%).
L’effetto dell’IA sull’occupazione dipenderà dall’equilibrio fra sostituzione e complementarità al lavoro: se la tecnologia rimpiazza le mansioni umane la domanda occupazionale subirà una contrazione, ma se le potenzia si assisterà a una crescente richiesta di figure con competenze avanzate.
Lavori green sempre in crescita
Menzione speciale per il comparto della sostenibilità, che negli ultimi anni ha generato nuove opportunità di lavoro e professionalità in una pluralità di ambiti, con un trend che si conferma in crescita.
Sempre secondo Unioncamere, il possesso di competenze green, a livello sia intermedio che avanzato, sarà richiesto sia dalle imprese che dalle pubbliche amministrazioni.
Il comparto maggiormente interessato è quello delle costruzioni, seguito da meccanica, elettronica e servizi avanzati per l’industria, per proseguire il processo di transizione green.
Tra le figure professionali richieste: tecnici specializzati in fonti di energia rinnovabili, profili legati alla riqualificazione abitativa, consulenti per la sostenibilità, esperti in economia circolare, specialisti in scienze ambientali, tecnici della produzione alimentare, operai agricoli specializzati.
Insight per imprese e candidati
Per i datori di lavoro, il consiglio è da una parte avviare o implementare i percorsi di upskilling interni nelle aree chiave, dall’altro puntare su recruiting mirati, in grado di valutare con accuratezza le capacità dei candidati realmente necessarie al contesto e, di conseguenza, ridurre rischio di mismatch e time-to-hire.
I candidati, a qualsiasi punto del percorso professionale si trovino, devono concentrarsi su aggiornamento e formazione, preparandosi a costruire un profilo ibrido e flessibile: un’ampia gamma di soft skill su una base tecnologica solida e update specialistici spendibili nei settori in crescita. Senza dimenticare di aggiornare il CV con strumenti funzionali e dinamici, per esempio sfruttando piattaforme dedicate come Jobseeker, che offrono template ATS-friendly semplicissimi da usare, oltre a consigli personalizzati, app per tenere traccia delle candidature nonché proposte di lavoro ad hoc, su misura per il proprio profilo.
E siccome le stime e le previsioni che si fanno per il futuro dipendono dalle scelte che si fanno adesso, è bene iniziare ad attrezzarsi subito.
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